Chi paga l’IMU su una casa ereditata da più fratelli? La Corte di Cassazione chiarisce tutto con l’ordinanza n. 11097/2025.
Quando si eredita una casa tra più fratelli, uno dei principali dubbi riguarda la ripartizione dell’IMU, l’Imposta Municipale Unica. Per anni, i Comuni hanno spesso notificato l’intero tributo a un solo erede, dando origine a contenziosi e confusione. Una nuova e importante sentenza della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 11097/2025, ha finalmente fatto chiarezza, cambiando radicalmente l’interpretazione finora prevalente.
Secondo la pronuncia, ogni coerede è responsabile del pagamento dell’IMU solo in proporzione alla propria quota di eredità. Questa decisione rappresenta una vera svolta nella gestione fiscale degli immobili ereditati, poiché esclude la solidarietà tra eredi a meno di specifici accordi o diritti reali.

La responsabilità per l’IMU è solo “pro quota”
Nel caso esaminato, un erede aveva ricevuto tre avvisi di accertamento riferiti agli anni 2014-2016, relativi a un immobile ereditato. Contestando l’intero importo, l’erede ha portato la questione in Cassazione. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’obbligo tributario segue le quote ereditarie, come previsto dagli articoli 752 e 1295 del Codice civile, e non vi è alcuna responsabilità solidale per i tributi locali, come invece accade per le imposte sui redditi ai sensi dell’art. 65 del DPR 600/1973.
In pratica, se tre fratelli ereditano un immobile in parti uguali, ciascuno dovrà versare un terzo dell’IMU. Nessuno può essere costretto a pagare per gli altri, salvo accordi tra le parti o il pagamento volontario seguito da rivalsa.
Notifiche valide anche se intestate al defunto
Un altro aspetto fondamentale chiarito dalla Cassazione riguarda la validità degli avvisi di accertamento. Nel caso in esame, gli atti erano intestati al defunto ma consegnati a un erede. La Corte ha stabilito che la notifica è valida, purché l’erede riceva effettivamente l’atto e possa esercitare il diritto di difesa.
Questo principio, fondato sull’art. 156 del Codice di procedura civile, evita che meri errori formali – come l’intestazione al defunto – compromettano la regolarità degli atti. In tal modo, si bilancia la necessità di garantire i diritti degli eredi con l’efficacia dell’azione amministrativa.